Ad ogni costo

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L’ultimo tassello della trilogia dedicata a Bambi. Ma Emiliano Reali ha ancora tanti progetti da realizzare e li racconta nell’intervista.










 


Bambi ritorna per completare la sua evoluzione e quella delle sue inseparabili amiche. “Ad ogni costo” di Emiliano Reali, edizioni MeridianoZero, conclude –ma non si sa mai- la trilogia dedicata a Bambi. La vita della protagonista si intreccia con quelle di molte persone. Alcune già conosciute nei precedenti episodi, altre assolutamente new entry.

Concordo con Giulia Ciarapica che nella prefazione scrive: “Tutti i personaggi di Emiliano Reali trasudano vita ed entusiasmo, sono immersi in una quotidianità fantastica e nel contempo veritiera, realistica fino alla brutalità…”

Conosco Reali da molti anni, ricordo la presentazione di “E se Bambi fosse trans?” con Leila Daianis, presidente dell’associazione Libellula, da quel giorno ha fatto parecchia strada, eppure non ha mai perso quella ingenuità e umiltà che lo rendono una persona speciale. E questa caratteristica si ritrova nei suoi romanzi che sono in grado di conquistare il lettore.

Nelle mie recensioni non racconto mai le trame, quelle le trovate sulla bandella, preferisco concentrarmi su altri aspetti.
In questo caso, desidero consigliare la lettura di "Ad ogni costo" a chi ritiene che l’universo Lgbt sia abitato solo da fenomeni da baraccone. E ovviamente a tutte quelle persone che credono che sia l’amore a muovere il mondo.

E per concludere, chiamo in causa l’autore per raccontare i suoi progetti futuri.


D. Come ti senti ora che hai concluso la trilogia dedicata a Bambi?
R. Bambi ha cambiato la mia carriera e la mia vita, le sono grato e sarà sempre parte di me, ma ora sono felice per i nuovi orizzonti che spero si apriranno. In quasi quindici anni di attività ho scritto svariati libri, ma per tutti resto l’autore di “Se Bambi fosse trans?”! Anche se ho pubblicato libriemiliano-reali usati nelle scuole, anche se sono stato tradotto all’estero, io sono ‘Reali, quello di Bambi’. In me c’è tanto altro e ho molto ancora da dire, ma con questo non intendo assolutamente girare le spalle a ciò che è stato, anzi! A dirla tutta nella tua domanda sostituirei il verbo “concludere” con “completare”.


D. Hai iniziato a scrivere di Bambi nel 2009 per parlare di transessualità, credi che la scrittura possa contribuire a vincere i pregiudizi?
R. La parola è un’arma potentissima, da non sottovalutare, per quello bisogna soppesarla ed essere responsabili nell’utilizzarla. Credo fermamente nella finalità social educativa della letteratura. Permettere a chi ignora di esperire una realtà scevra da pregiudizi (qui sta la complessità e l’importanza dell’operato di uno scrittore), per avvicinarsi in modo costruttivo all’altro da sé. Nel 2009 scrissi per la prima volta di Bambi e gli attestati di stima, le mail, i messaggi ricevuti mi hanno regalato la consapevolezza che le mie speranze non erano vane: un libro è la miglior medicina all’ignoranza.


D. Stai lavorando a un nuovo progetto?
R. In verità sono in attesa, un’attesa snervante. Sono più per l’agire, ma il lavoro è fatto anche di questo e devo conviverci. Il mio nuovo romanzo sarà di chiara ispirazione autobiografica, racconterà di tanti aspetti dell’esistenza, ma per ora non posso dirti di più!


D. Veramente non ci puoi anticipare niente?
R. Dato che come accennato poc’anzi il tutto è Top Secret, magari ti parlo di un altro romanzo che ho scritto tanti anni fa e che è custodito gelosamente nel pc in attesa che arrivi il suo tempo. È un romanzo d’amore, parla del primo amore, quello che destabilizza l’esistenza, parla della ristrettezza che spesso adombra i piccoli centri, parla di desiderio di scappare. E in questa fuga si conoscono terre meravigliose come l’Australia e la Tasmania, affacciandosi nello scintillio di Parigi.


D. I tuoi libri sono sempre stati pubblicati da un editore, non hai mai pensato all’autopubblicazione?
R. Credo che l’auto-pubblicazione (se si escludono rarissimi casi) e gli editori a pagamento stiano irrimediabilmente danneggiando il mercato editoriale, intasandolo di opere di livello pessimo, nascondendo tra la mediocrità anche ciò che varrebbe la pena leggere. Un editore che decide di investire in un’opera voglio pensare sia sinonimo, il più delle volte, di qualità, dato che nessun folle getterebbe soldi. C’è però da aggiungere che spesso più che la qualità gli editori valutano la commerciabilità, ma questo ahimè è un altro discorso…