Ddlzan, perché sostenerlo

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Il testo dell’audizione al Senato di Laura Onofri, presidente SeNonOraQuando? Torino, a sostegno della proposta di legge Zan







 

Vi proponiamo la relazione della audizione che Laura Onofri ha tenuto al Senato il 3 giugno scorso, se desiderate riascoltare tutte le audizioni potete seguire il link.


“Vorrei spiegare brevemente perché auspichiamo l’approvazione della proposta di legge n.2005 che titola “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità, nel testo così come pervenuto dopo l’approvazione della Camera dei Deputati.


Siamo oltre 500 femministe e attiviste del movimento che hanno firmato una lettera che spiega perché vogliamo che questa proposta di legge sia approvata in fretta e con il testo così come approvato alla Camera.


Ricordo inoltre che c’è una petizione che ha raggiunto oltre 500 mila firme che chiede che sia approvata subito la legge contro l’omotransfobia, la misoginia e l’abilismo e vari sondaggi che evidenziano che oltre il 60% degli Italiani sono a favore di questa legge.


In Italia si attende da decenni una legge che condanni gli atti omofobi, che, ricordiamo, non sono casi isolati e comprendono, insulti, offese dirette o sui social, pestaggi, azioni ritorsive e anche omicidi. Secondo il progetto “Hate Crimes No More” del Centro Risorse Lgbti, il 73% delle persone della comunità LGBTQ+ ha subìto violenza omotransfobica e il 76,4% non ha denunciato l’accaduto. Ma questa proposta, se diventerà legge sarà anche uno strumento importante per contrastare i crimini d’odio basati sul genere, per porre un argine alla misoginia e al sessismo che sono diventati una vera emergenza nel nostro Paese. Proprio l’aver aggiunto l’odio fondato su genere e sesso fra i crimini previsti dagli artt. 604 bis e ter del CP, è un fatto di una portata rilevante, che allarga gli ambiti in cui il diritto penale potrà operare.


Quello che ci preme sottolineare è la specifica funzione di questa norma per sgombrare il campo da polemiche, a mio avviso fuorvianti, su questa proposta di legge e sull’ utilizzo di alcune definizioni volte a chiarire le nuove fattispecie di reato. La norma vuole infatti proteggere le vittime di reati d’odio che sono colpite sotto il profilo del loro diritto alla dignità e a non subire discriminazioni. E nulla di più. Nulla prevede rispetto alle procedure per la “rettificazione anagrafica del sesso”, ad oggi ancora regolate (con criteri più che rigidi) dalla legge 164 del 1982.


L’elenco delle definizioni è un’esigenza nell’ottica di garantire il principio di tassatività della norma penale e quindi è assolutamente necessario che vengano elencati sesso, genere, identità di genere e orientamento sessuale che fanno riferimento a dimensioni differenti dell’identità personale e dell’esperienza individuale delle persone.


Vorrei soffermarmi su uno degli aspetti che più hanno fatto discutere e cioè la nozione di identità di genere fra le fattispecie da tutelare.


Già nel 1948 la Costituzione pur non usando il termine “genere” intuisce la problematicità dei ruoli sociali che la società, ma anche il diritto, impone alle persone.


L’”identità di genere” è riconosciuta e tutelata nel nostro ordinamento e in quello sovranazionale, sia da documenti di soft law sia da quelli giuridicamente vincolanti a cui l’Italia deve adeguarsi. È presente in testi di legge, in dichiarazioni e convenzioni internazionali ed europee, di cui parlano da anni corti di merito e su cui più volte si è espressa la Corte Costituzionale. Non è dunque un concetto nuovo o un artificio linguistico introdotto in questo testo.


Definita bene dai Principi di Yogyakarta 2007 l’identità di genere è parte integrante della personalità di ogni individuo e non può costituire base per discriminazioni o abusi e si può definire come il senso di appartenenza di una persona a un genere con il quale essa si identifica (cioè, se si percepisce uomo, donna, o in qualcosa di diverso da queste due polarità). Può corrispondere o no al sesso assegnato alla nascita e include la percezione personale del proprio corpo (che può comprendere, se scelte liberamente, modifiche dell’aspetto o delle funzioni fisiche con mezzi medici, chirurgici, o altro) e altre espressioni del genere, compresi il modo di vestire, di parlare, di atteggiarsi.


Alcune risoluzioni del Parlamento Europeo hanno dichiarato esplicitamente l’importanza dell’identità di genere all’interno dell’Unione Europea. La prima risoluzione su questo tema è stata adottata nel 2011: essa ha inoltre riconosciuto esplicitamente che le violazioni dei diritti umani connesse all’identità di genere hanno una frequenza preoccupante, all’interno e all’esterno dei confini dell’Unione.


Un’altra fondamentale risoluzione è quella del 4 febbraio 2014, in cui il Parlamento, condannando qualsiasi forma di discriminazione legata all’identità di genere ed auspicando che i diritti della comunità LGBTI venissero sempre più garantiti, ha esortato la Commissione, gli Stati membri e le agenzie europee ad adottare una politica pluriennale per la tutela dei diritti fondamentali delle persone LGBTI.


Anche nel nostro ordinamento il termine identità di genere è assolutamente consolidato: lo troviamo per la prima volta in un testo normativo con la Direttiva del 2011, sull’attribuzione della qualifica di rifugiato, che fa espressamente riferimento al concetto di identità di genere, nella trattazione degli aspetti che possono costituire motivi di persecuzione. Successivamente il termine è contenuto anche nella Direttiva 29 del 2012 che istituisce disposizioni minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, nonché nella Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica. (art. 4 comma 3)


Ancora lo ritroviamo nella Legge sull’ordinamento penitenziario come revisionata dalla legge 70 del 2020: “Il trattamento penitenziario deve essere conforme a umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona. Esso é improntato ad assoluta imparzialità, senza discriminazioni in ordine a sesso, identità di genere, orientamento sessuale, razza, nazionalità', condizioni economiche e sociali, opinioni politiche e credenze religiose”.


Ed è anche presente nel titolo della Legge 5 / 2016 della Regione Piemonte: Norme di attuazione del divieto di ogni forma di discriminazione e della parità di trattamento nelle materie di competenza regionale: sesso, orientamento sessuale e identità di genere.


Inoltre la Corte Costituzionale ha riconosciuto con la sentenza n. 221/2015 il diritto all’identità di genere quale «elemento costitutivo del diritto all’identità personale, rientrante a pieno titolo nell’ambito dei diritti fondamentali della persona». Questo principio è stato poi ribadito nella sentenza n. 180/2017 che conferma che «l'aspirazione del singolo alla corrispondenza del sesso attribuitogli nei registri anagrafici, al momento della nascita, con quello soggettivamente percepito e vissuto costituisca senz'altro espressione del diritto al riconoscimento dell'identità di genere».


Non si tratta certo, quindi, di una nozione nuova dal punto di vista del diritto: il riconoscimento giuridico di questa categoria semantica è già da tempo avvenuto.


Noi siamo convinte che l’inserimento dell’identità di genere all’interno del provvedimento in discussione sia assolutamente necessaria e riteniamo che sostituire identità di genere con transessualità, come da alcuni proposto, sia sbagliato perché verrebbero escluse dalla tutela tutte le persone che non intendono intraprendere un percorso di transizione ma desiderano semplicemente esprimere la propria identità di genere liberamente.


Anche le nozioni di “identità di genere” e “identità sessuale” non sono a nostro avviso sovrapponibili, essendo la seconda riconducibile più direttamente all’orientamento sessuale, mentre la prima al mutamento di sesso. E, infatti, “Pur non negando che tra le due dimensioni esista una sorta di contiguità semantica e che anche la sessualità sia parte integrante dell’identità delle persone si preferisce, in ultima istanza, riservare la locuzione identità di genere alle sole questioni di mutamento di sesso, da donna a uomo e da uomo a donna”.


Non riusciamo peraltro a comprendere perché una legge che include e allarga il perimetro dell’applicabilità dei crimini d’odio (crimini che ricomprendono tutte quelle violenze perpetrate nei confronti di persone discriminate in base all’ appartenenza ad un gruppo sociale, identificato sulla base, dell’etnia, della religione, del sesso, dell’orientamento sessuale, dell’identità di genere o del genere) può creare problemi alle donne. Riteniamo invece che aiuti a proteggere le donne e a proteggerle tutte, aggiungendo uno strumento in più per contrastare il sessismo e la misoginia dilaganti. Come abbiamo già detto l’identità di genere, che valorizza la fluidità delle appartenenze, e il sesso che mette invece in primo piano la dimensione biologica sono concetti che coesistono e non si pongono in contrasto tra di loro.


Ricordiamo poi che i diritti delle donne sono stati ottenuti non solo in base al sesso, ma anche e soprattutto in base al genere, solo che nelle battaglie del Novecento il concetto di genere era in via di elaborazione.


Per quanto riguarda infine le critiche di chi ritiene che sia sbagliato includere il sesso nelle fattispecie da tutelare perché le donne non sono una categoria riteniamo che non abbiano fondamento. Il riconoscimento giuridico di ulteriori sfere della personalità e dell’identità personale (nella sua portata sessuale) non riduce questi aspetti a “categorie” o “minoranze”, ma amplia invece le forme di protezione da discriminazione e violenza a tutte le soggettività riconosciute.


L’introduzione di “sesso” prima di quella di “genere” (che ricordiamo non era prevista nel testo di legge originario) risponde all’esigenza di chi richiedeva un riconoscimento della propria specificità sessuale, del proprio corpo e del suo portato nello spazio pubblico.


Chi pretende di cancellare la parola sesso dal testo come pensa di punire l’odio contro le donne in quanto donne?

Come ritiene di tutelare i soggetti che più di tutti sono colpiti dai crimini d’odio?

Davvero eliminare il sesso tutelerebbe la nostra specificità sessuale?


Sostenere questa legge non significa rinunciare a un pensiero e a un’elaborazione sui corpi delle donne, o abbracciare un neutro declinato al maschile, non avendo timore che il nostro spazio pubblico sia minacciato dal riconoscimento di altre differenze, così come già fanno altri Paesi che hanno tutti colto l’occasione dell’estensione delle già vigenti previsioni in materia di odio etnico-razziale a quello di odio omo-transfobico per includervi anche il genere.


Per concludere pensiamo che con le espressioni “sesso”, “genere”, “orientamento sessuale” e “identità di genere”, si possano ricomprendere anche ulteriori “condizioni” attinenti alla sfera sessuale e, dunque, per esempio, anche quella eterosessuale, infatti se ci fossero crimini d’odio commessi contro persone eterosessuali riconducibili a questa dimensione della personalità, potrebbero certamente essere sanzionati.


Crediamo quindi che mettere le battaglie per i diritti delle donne in contrapposizione con altre battaglie per i diritti di altri, indebolisca tutte e tutti e ci faccia arretrare nel percorso per una società più egualitaria.


Battiamoci invece per eliminare tutte le discriminazioni, per contrastare i crimini d’odio in ogni ambito e contro qualunque persona siano commessi, sostenendo questa che è una legge di civiltà.


Proprio questo periodo di confinamento, ed anche i numerosi ultimi fatti di discriminazione e d’odio contro persone LGBTI avvenuti in molte città, ci ha fatto capire che la nostra società deve cambiare e si deve ripartire dalla piena ed effettiva inclusione sociale, dal dare piena dignità alle persone discriminate, dal garantire a tutte e tutti gli stessi diritti, avendo come faro il principio di uguaglianza garantito dall’art 3 della nostra Costituzione.

Laura Onofri – Presidente SeNonOraQuando? Torino