Un libro per raccontare 30 anni di HIV in Italia

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Il periodico di ASA è nato nel 1991 con racconti, testimonianze e denunce, è un viaggio dagli anni bui alla luce delle terapie fino a U=U.








 

Nell’anno in cui si celebrano i 40 di HIV, il Primo Dicembre 2021 ASA ha realizzato “Anni positivi – La storia dell’HIV in Italia attraverso i 30 anni di EssePiù”. La pubblicazione, nata con il supporto e la collaborazione di KDP Amazon, è stata presentata mercoledì Primo Dicembre alle 19 ai Frigoriferi Milanesi nei locali della Mostra 40 Anni Positivi.

Nato alla fine del 1990 come “Bollettino dei Gruppi di Auto-Aiuto”, EssePiù dal 1991 ha continuato la pubblicazione in modo più strutturato. Nell’anno in cui ricorrono i 40 anni del virus, viene proposto un viaggio nell’HIV attraverso una selezione dei testi pubblicati dal 1991 al 2020. Leanni positivi versione digitaleprefazioni di Giovanni Dall’Orto, Fabrizio Caprara e Massimo Cernuschi, contribuiscono a far compiere il salto temporale. Mentre l’intervento di Daniele Calzavara, responsabile di Milano Check Point, spiega le percezioni e le emozioni di chi quegli anni non li ha vissuti ma si ritrova oggi a combattere con il pregiudizio nei confronti dell’HIV.

La ricerca testuale è stata curata da Marinella Zetti. La copertina è di Gionatan Fiondella dei Conigli Bianchi.

In vendita sul sito di Amazon, il libro viene proposto in versione digitale e cartacea – quest’ultima in due volumi con copertina flessibile e rigida - nasce per ricordare il lavoro di tanti volontari e le persone che non ci sono più ma che hanno contribuito a far crescere ASA e a renderla così “speciale”.

Vi propongo un assaggio con la prefazione di Massimo Cernuschi, infettivologo e presidente di ASA.

 

Un viaggio lungo 30 anni

Una vita passata in mezzo a persone con HIV. Ho iniziato a vederne prima ancora che fosse possibile fare il test sierologico, il famoso ELISA. Ovviamente si capiva ben poco. Poi sono arrivati i primi test nel 1984, le prime diagnosi di HIV e le prime diagnosi di Aids. Era difficile, per un medico, accettare che la persona che ci stava davanti, con HIV e difese immunitarie molto basse, in apparenti ottime condizioni di salute, era destinata a star male e morire nel giro di poco tempo. Io facevo i test e restituivo il risultato, spiegando il significato (per quello che si poteva dire negli anni ’80) della positività e invitando a fare attenzione a chi risultava negativo.

C’era molto bisogno di informazione e l’ASA è partita proprio spinta da questo, nel 1985. Subito si è capito che le persone con HIV andavano accompagnate nel loro percorso con un sostegno non solamente medico, ma di solidarietà. E sono stati creati i gruppi di autoaiuto e sono cominciate le attività di informazione e sensibilizzazione. L’attività di ASA è sempre stata più orientata verso il mondo gay che a Milano è stato subito duramente colpito.

Pur essendo molto coinvolto dal punto di vista personale (amici, conoscenti, pazienti a cui mi affezionavo), ho sempre fatto, in associazione, la parte del dottore. La parte principale è stata quella di spiegare le cose in maniera comprensibile ai non addetti ai lavori e dire in maniera chiara, senza omissioni, alle persone con HIV come era la loro situazione. Non sempre facile.

Avevamo anche un gruppo di assistenza domiciliare, di accompagnamento delle persone più sole e meno fortunate. La parte sanitaria (esecuzione di fleboclisi al domicilio, che non venivano effettuate dal servizio pubblico) era forse quella meno “importante”. Le persone con Aids avevano bisogno di qualcuno con cui parlare, che le portasse al cinema o a fare la spesa, che facessero vivere loro una vita “normale”. Senza stigma, senza paura.

EssePiù è nato al culmine di questa catastrofe. Leggendo i pezzi “riesumati” da un tempo che sembra preistoria, mi sono ritrovato davanti le facce degli amici che se ne sono andati, la storia delle lotte che abbiamo portato avanti, le mie frasi che ormai suonano incomprensibili per chi non ha vissuto in quel periodo.

In effetti, quando parlo ai giovani medici del mio reparto, futuri infettivologi, loro restano stupiti. Non possono capire quanto siamo stati immersi in un incubo. Un periodo in cui non si avevano certezze, in cui non si potevano dare rassicurazioni alle persone con HIV, in cui la paura di chi aveva l’HIV era mille volte maggiore della paura di prendersi l’infezione da un rapporto non protetto.

EssePiù ci ha accompagnati, grazie alle persone che hanno dedicato un po’ del loro tempo per quello che adesso è la storia di ciò che è successo (e sta succedendo). La lotta è diversa, ora, ma non è finita.


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